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ALITALIA, M5S: “SU PROPOSTA FIUMICINO SILENZIO DEL GOVERNO”

“Sono trascorsi appena due anni dalla svendita di Alitalia ad Etihad e dalle profetiche parole di Renzi: “Allacciatevi le cinture, ora l’Italia decolla davvero”. Secondo il M5S la ex compagnia di bandiera italiana non solo non è decollata ma sta precipitando a tutta velocità verso il suo ennesimo fallimento. A schiantarsi però non saranno solo i suoi 12 mila dipendenti e l’indotto ma l’intero Paese. Oggi in Commissione Attività produttive abbiamo chiesto al Governo di esprimersi in merito alla proposta lanciata dal Comune di Fiumicino e fatta propria dalla regione Lazio affinché favorisca l’ingresso, nel capitale azionario di Alitalia, di aziende quali il Gruppo Ferrovie dello Stato, Eni e Leonardo-Finmeccanica poiché con la ex compagnia di bandiera potrebbero creare rilevanti sinergie industriali. Come sempre il Governo preferisce non rispondere”: lo denunciano i deputati del M5S delle Commissioni Trasporti e Attività produttive che insieme con la portavoce Roberta Lombardi stanno eseguendo da vicino la vicenda.

“Eppure in queste ore sono in corso serrate trattative per salvare l’azienda e capire la posizione del Governo su questo non irrilevante aspetto sarebbe stato molto utile. Invece niente! Tutti gli analisti concordano che il nuovo piano industriale di Alitalia, che si vuole imporre ai sindacati, è l’ennesima riproposizione di stantie e fallimentari strategie di ridimensionamento aziendale tutte focalizzate al solo contenimento dei costi senza un lungimirante rilancio della Compagnia nei nuovi mercati (cargo, lungo raggio) fortemente in espansione”.

Il nuovo Piano industriale, infatti, prevede – a distanza di soli due anni dal precedente – nuovi tagli: 

1. ai livelli occupazionali con l’espulsione di quasi 3 addetti su 12 mila;
2. al costo del lavoro, con una decurtazione media del 30% dello stipendio;

3. alla flotta, con la messa a terra di 20 aerei a medio raggio su circa 100 totali.

Ci sono numerosi studi che dimostrano che il costo del lavoro non è la causa principale del forte indebitamento di Alitalia che all’opposto è dovuto:

1. ai costi fuori controllo nella manutenzione, nel leasing, nell’handling, nel catering ecc.;
2. ad un management inadeguato residuo dell’era pubblica;
3. ad un modello di business (non è né una low cost, né un grande vettore intercontinentale) che l’hanno progressivamente marginalizzata nei mercati più redditizi.

 

“L’Alitalia è un’azienda strategica per il Paese e in un mercato del trasporto aereo in forte crescita riteniamo che abbia ancora grandi potenzialità di sviluppo. Per questo però siamo convinti che è fondamentale cambiare i vertici aziendali, azionisti e management, veri artefici di questo disastro, promuovendo l’ingresso di investitori che possono creare sinergie industriali positive per il rilancio della nostra ex compagnia di bandiera. I tre soggetti individuati dal Comune di Fiumicino possono fare al caso nostro? Ferrovie dello Stato, nell’integrazione dei servizi di trasporto cielo-terra, Eni nei rifornimenti dei carburanti e Finmenccanica nella manutenzione possono certamente dare un contributo maggiore per la competitività del nostro vettore aereo delle attuali banche azioniste che credono di risolvere i problemi a suon di tagli e non intendono ricapitalizzare l’Azienda se non coperte da garanzie pubbliche. Cosa ne pensa il Governo? Non pervenuto”.

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